Ue: niente stop alle importazioni parallele di farmaci
Le importazioni parallele di farmaci in Europa sono al centro di una recente sentenza della Corte di Giustizia della Ue, che ha ribadito una serie di punti fermi sulla liceità di questa attività tra Stati europei.
Sentenza della Corte di Giustizia europea in materia di importazioni parallele di farmaci: secondo la Corte, la facoltà degli Stati membri di vietare o limitare le importazioni di prodotti in provenienza da altri Stati membri è limitata soltanto a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela della salute.
La questione ha inizio addirittura nel 1990, quando la Germania concesse a Kohlpharma l’autorizzazione all’importazione di Impromen compresse dall’Italia, con riserva del suo adeguamento a future modifiche rispetto all’Aic di riferimento tedesca (Consilium 5 mg).
Il titolare dell’Aic di riferimento ha commercializzato il Consilium 5 mg in forma di gocce, utilizzando un foglietto illustrativo combinato sia per le gocce sia le compresse.
Tuttavia, la Aic di riferimento scadde il 30 giugno 2010 per la forma in compresse, mantenendo in commercio soltanto la formulazione in gocce.
Nel 2015 Kohlpharma ha informato l’Istituto federale per i medicinali di avere inserito, per analogia, nel foglietto illustrativo del medicinale importato in forma di compresse la raccomandazione sulla posologia relativa al preparato in gocce, che continuava a beneficiare dell’Aic rilasciata in Germania.
Nel 2016 l’Istituto ha negato le citate modifiche del foglietto illustrativo elaborate da Kohlpharma, atteso che l’autorizzazione all’importazione parallela era stata concessa solo con riserva dell’adeguamento all’Aic di riferimento e che un siffatto adeguamento non sarebbe stato più possibile da vari anni.
Secondo l’Istituto, l’adattamento del foglietto illustrativo alla forma in gocce sarebbe impossibile, in quanto le modifiche proposte dall’importatore “creerebbero incertezza e comprometterebbero l’aderenza del paziente alla terapia”, il che risulterebbe incompatibile con l’”imperativo della sicurezza dei medicinali”.
Le motivazioni della Corte europea nel contenzioso tra la Germania e l’azienda Kohlpharma danno ragione all’impresa.
La vicenda è finita, dopo varie vicissitudini giudiziarie nazionali, di fronte alla Corte di Giustizia europea, che ha dato, in sostanza, ragione a Kohlpharma chiarendo, innanzitutto, che la facoltà degli Stati membri di vietare o limitare le importazioni di prodotti in provenienza da altri Stati membri è limitata soltanto a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela della salute. Senza la “copertura” dell’obiettivo di tutela della salute ogni provvedimento di uno Stato membro che impedisca direttamente o indirettamente il commercio intraeuropeo ha effetti equivalenti a una restrizione quantitativa.
Secondo quanto affermato dalla Corte, infatti, il rifiuto della Germania di approvare le modifiche del foglietto illustrativo del medicinale Impromen, motivato dal fatto che l’Aic di riferimento è scaduta in Germania e che le modifiche si basano sulle indicazioni relative al medesimo farmaco, ma con forma farmaceutica differente, non è un provvedimento adeguato né idoneo a perseguire il preminente obiettivo della tutela della salute.
In particolare, la Corte ha affermato che se l’autorizzazione all’importazione parallela dell‘Impromen verso la Germania è valida, e se non sussiste rischio per la tutela effettiva della vita e della salute delle persone, la Germania non può rifiutare l’approvazione delle modifiche delle informazioni e dei documenti relativi a un medicinale che beneficia di Aic in Italia.
Non è infatti sufficiente adombrare il motivo che l’Aic di riferimento tedesco sia scaduta, che le modifiche proposte si basano sulle indicazioni relative a un medicinale con la stessa indicazione terapeutica, che beneficia di un’Aic in entrambi gli Stati membri interessati e che è prodotto, essenzialmente, con il medesimo principio attivo, ma in una diversa forma farmaceutica. (RDA)
Su un altro caso in materia farmaceutica, diverso, ma sempre verificatosi in Germania e su cui è stata chiamata in causa la Corte di Giustizia europea, lo potete leggere qui.