E-cigarette vendute a un minore? Si rischia la chiusura
Vendere e-cigarette a un minore può comportare sospensione della licenza e chiusura dell’esercizio per 15 giorni. Si tratta di una sanzione accessoria e aggiuntiva a quella economica che la Corte di Giustizia europea, interpellata dal Consiglio di Stato italiano, considera adeguata e legittima in base al principio della tutela della salute umana.
Chi vende e-cigarette ai minori rischia la sanzione accessoria di chiusura dell’esercizio per 15 giorni. La Corte di Giustizia Ue, interpellata dall’Italia, ritiene che la misura sia corretta e legittima, per il principio della tutela della salute umana.
La sanzione accessoria di sospensione per un periodo di 15 giorni della licenza all’esercizio dell’attività di rivendita dei tabacchi, comminata a chi vende prodotti derivanti dal tabacco a un minorenne, comprese le sigarette elettroniche, i contenitori di liquido di ricarica e i prodotti da fumo a base di erbe, associata a una sanzione amministrativa pecuniaria, è legittima e proporzionata poiché idonea a perseguire lo scopo principale di proteggere la salute umana e di ridurre, in particolare, la diffusione del fumo tra i giovani.
È questa la decisione della Corte di giustizia dell’Unione Europea, chiamata in causa dal Consiglio di Stato italiano nell’ambito di una controversia tra un rivenditore e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e il ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nello specifico, la vicenda ha visto l’Agenzia delle dogane sanzionare un rivenditore nell’ambito di un controllo, poiché reo di aver venduto e-cigarette a un minorenne. Alla sanzione di 1.000 euro è seguita un’ulteriore sanzione di sospensione della sua licenza di rivendita di tabacchi per un periodo di 15 giorni, così come previsto dall’articolo 24 del Rd n. 2316 del 1934.
Il rivenditore ha pagato la sanzione pecuniaria, ma ha contestato quella di sospensione della sua attività di rivendita, poiché la riteneva incompatibile con il diritto dell’Unione e, in particolare, irragionevole e sproporzionata, in quanto inflitta a seguito di un’unica violazione commessa per la prima volta e quindi contraria al principio di proporzionalità enunciato dall’articolo 5 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Secondo la Corte, tali sanzioni appaiono, invece, idonee a conseguire l’obiettivo, sempre prevalente, di proteggere la salute umana e di ridurre in particolare la diffusione del fumo tra i giovani, così come disposto nella Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la lotta contro il tabagismo (Fctc), che fa parte integrante del diritto dell’Unione.
“Il rigore delle sanzioni è adeguato alla gravità delle violazioni”
In particolare, la Corte ha evidenziato che l’impianto sanzionatorio costituito dalla sospensione dell’attività e dalla multa, è equilibrato e proporzionato e il rigore delle sanzioni è adeguato alla gravità delle violazioni che esse reprimono e garantisce un effetto realmente dissuasivo.
Infatti, la Corte precisa che la sanzione di sospensione è la meno restrittiva rispetto a quelle previste dalla legge italiana ed è dunque proporzionata, visto che esiste anche la revoca della licenza in caso di recidiva. Inoltre, questa sanzione è legittima poiché l’interesse a proteggere la salute umana prevale sul diritto dell’imprenditore di vendere prodotti associati al tabacco.
Anche la sanzione pecuniaria è equilibrata, poiché comminata in maniera adeguata rispetto alla gravità del reato e idonea nonché legittima poiché agli Stati membri è demandato il compito di scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate, nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali, segnatamente nel rispetto del principio di proporzionalità. (RDA)
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