Usare gli antibiotici con parsimonia e appropriatezza per contrastare il pericoloso fenomeno dell’antibiotico-resistenza, che in Italia è molto diffuso. Questo è il messaggio che scaturisce dai dati dell’ultimo Rapporto Aifa sull’uso degli antibiotici in Italia, con i dati relativi al 2020, elaborato dall’Osmed e presentato ieri a Roma, trasmesso in diretta streaming.

Presentato a Roma il rapporto dell’Aifa 2020: nonostante il calo dei consumi, per contrastare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza resta fondamentale arrivare a usare gli antibiotici con maggiore appropriatezza e parsimonia.

Il rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco, commentato nell’incontro di Roma da Filomena Fortinguerra, registra innanzitutto per il 2020 una netta riduzione dei consumi di antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata e acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche rispetto al 2019. “Tale variazione -osservano gli autori- è in buona parte riconducibile alle misure implementate in corso di pandemia da Sars-CoV-2 e al loro impatto sulla frequenza delle comuni infezioni batteriche e di quelle virali, queste ultime spesso trattate impropriamente con antibiotici, soprattutto nel periodo invernale”.

Nel 2020 in Italia gli antibiotici hanno rappresentato l’1,2% dei consumi e il 3% della spesa Ssn (692 milioni), ll consumo complessivo si è ridotto (-18,2%), ma rimane superiore alla media europea.

Altro dato significativo, tipico dell’Italia, è il persistere di “una forte eterogeneità dei consumi tra le aree del Paese, con un gradiente incrementale da Nord a Sud, sia in termini di quantità di antibiotici utilizzati sia di spesa”.

Né l’Italia né l’Europa raggiungono gli obiettivi di appropriato uso degli antibiotici indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Uno degli indicatori decisivi del più o meno corretto impiego degli antibiotici è la maggiore o minore rispondenza alla classificazione Aware della Organizzazione mondiale della Sanità, che individua tre gruppi: “Access”, a spettro ristretto, indicati per le infezioni più comuni; “Watch”, raccomandati per indicazioni più specifiche; “Reserve”, da usare come ultima risorsa, quando è strettamente necessario.

Gli Watch e i Reserve sono quelli che comportano un maggiore rischio di sviluppare una antibiotico-resistenza. Per questo l’Oms ne raccomanda un uso moderato e oculato, indicando che, sull’uso totale di antibiotici, gli Access dovrebbero rappresentare il 60% o più (e quindi gli altri due gruppi il 40% o meno).

Su questo punto, invece, l’Aifa evidenzia che in Italia c’è una percentuale superiore al 50% per gli antibiotici appartenenti alle categorie Watch e Reserve, dei quali c’è dunque un utilizzo eccessivo. Il problema non riguarda solamente il nostro Paese, dato che in Europa si osserva soltanto per 8 Paesi su 23 una percentuale di oltre il 50% di antibiotici appartenenti alla categoria Access, di cui solo 2 (Norvegia e Danimarca) superano il 60%, centrando l’obiettivo indicato dall’Oms.

L’obiettivo per il futuro -sottolinea il Rapporto- è, quindi, di incrementare la proporzione di antibiotici del gruppo Access, considerati di prima o seconda scelta per le infezioni più frequenti e che comportano un più basso rischio di antibiotico-resistenza.

Rimane alto, sopra il 25%, il tasso di uso inappropriato di antibiotici, che in molti casi vengono utilizzati per patologie lievi che non li richiederebbero, come influenza, bronchite, otite, infezioni delle prime vie respiratorie, cistite non complicata.

Alla luce dei risultati emersi e della preoccupazione per il crescente fenomeno della antibiotico-resistenza, il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini ha raccomandato un impiego degli antibiotici ispirato alla parsimonia e alla appropriatezza.

Occorre anche una maggiore informazione al cittadino. Una ricerca del 2020 del Censis, condotta con l’Università di Foggia, su “Gli italiani e gli antibiotici” (citata da Sandra Vernero di Slow Medicine durante la conferenza) evidenzia significative lacune.

Infatti, se più dell’80% degli italiani si ritiene molto o abbastanza informato, poi si riscontra che per il 46% gli antibiotici si usano anche per curare infezioni causate da virus. E soltanto il 50% afferma di sapere che cosa sia la antibiotico-resistenza, mentre il 21,6% ne ha soltanto sentito parlare e il 28,3% non sa che cos’è.

Alcuni dati sulla antibiotico-resistenza

• Secondo il rapporto “Global Research on Antimicrobial Resistance” pubblicato da “The Lancet”, nel 2019 oltre 1,2 milioni di persone sono morte per infezioni causate da batteri resistenti a molteplici antibiotici, una percentuale più alta rispetto ai decessi per Hiv/Aids o malaria. La resistenza agli antimicrobici è stata direttamente responsabile di 1,27 milioni di decessi e si è associata a circa 4,95 milioni di morti.

• Stima dell’Istituto superiore di sanità per il 2019: 33mila decessi da patogeni antibiotico-resistenti in Europa, 10mila solo in Italia.

• Studio condotto da Centro Europeo per il controllo delle malattie-Ecdc, Ema, Autorità europea per la sicurezza alimentare-Efsa e Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico-Oecd: in Europa -pur con differenze tra le varie aree- ha avuto luogo, tra 2011 e 2020, una riduzione generale dell’uso di antibiotici, senza però una diminuzione della antimicrobico-resistenza. (SV)