Diretta e Dpc: le posizioni di Farmindustria e di Egualia
Distribuzione diretta e Dpc sono sempre più frequentemente in primo piano nel dibattito sulla sanità italiana, perché sono in molti a pensare che qualcosa debba cambiare in questo campo. Federfarma ha più volte espresso chiaramente la sua posizione, sottolineando limiti e svantaggi della diretta (si veda sul nostro sito, per esempio, qui e qui). In questi giorni si sono registrate anche quelle di Farmindustria e di Egualia, ascoltate dalla Commissione Affari sociali della Camera.
Le audizioni di Farmindustria e di Egualia presso la Commissione Affari sociali della Camera su distribuzione diretta e Dpc: entrambe le associazioni industriali segnalano le criticità dell’attuale sistema e propongono cambiamenti.
È in corso presso la XII Commissione Affari sociali della Camera il programma di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di “distribuzione diretta” dei farmaci e di “distribuzione per conto”.
Tra i soggetti ascoltati dalla Commissione, il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi ha sottolineato una serie di conseguenze negative del ricorso alla distribuzione diretta da parte delle Regioni.
Le cinque conseguenze negative del ricorso alla diretta, secondo Farmindustria
La prima è una limitazione delle opzioni terapeutiche disponibili per i medici e i pazienti, perché la distribuzione diretta prevede la presenza solo di alcune specialità, forme farmaceutiche e dosaggi, che sono, tra l’altro, diversi da Regione e Regione: si verifica quindi una disomogeneità a livello regionale.
La seconda conseguenza è che i percorsi di cura dei pazienti si complicano, così come la stessa gestione degli acquisti da parte delle Regioni.
Il terzo punto è che di fatto viene effettuato un delisting sostanziale a livello regionale di alcune specialità che sono autorizzate a livello nazionale, ma non si trovano nelle disponibilità regionali.
Il quarto punto è un significativo aggravio della spesa per acquisti diretti, perché questo non avviene con un adeguamento dei tetti di spesa, comportando questo spostamento di prodotti della territoriale nell’ospedaliera e un incremento del payback a carico delle aziende farmaceutiche, ma anche a carico delle Regioni stesse.
L’ultimo punto è una penalizzazione degli investimenti e delle imprese attraverso la compressione dei prezzi negoziati a livello centrale con l’Agenzia italiana grazie a un meccanismo di gara ed esclusione dal mercato delle aziende non aggiudicatarie.
Le proposte presentate da Massimo Scaccabarozzi a proposito di distribuzione diretta e Dpc
Tre le proposte avanzata da Farmindustria per risolvere questi problemi, la prima riguarda i medici di famiglia, ovvero i farmaci che possono essere prescritti dal medico di medicina generale e che non dovrebbero essere compresi nel Pht, ma andrebbero distribuiti sostanzialmente in regime convenzionato. Questo dovrebbe essere previsto sia per quelli classificati da subito come farmaci non specialistici sia per quelli che da specialistici, nel tempo, per un uso comune, diventano prescrivibili dopo valutazione da parte di Aifa e da parte del medico di medicina generale (come, per esempio, è avvenuto con alcune ultime note dell’Agenzia). In quest’ottica è necessaria un’adeguata formazione dei medici, perché spesso sono farmaci che non hanno mai conosciuto.
Sarebbe poi importante riportare nel canale convenzionato tutti quei prodotti territoriali che ora sono in distribuzione diretta. Andrebbe rapidamente avviata per lo meno una fase di transizione che sia ordinata e soggetta a condizioni sostenibili per la spesa farmaceutica, per l’industria e per la distribuzione. Nel contempo bisognerebbe evitare ulteriori estensioni del Pht a prodotti a uso territoriale, come sta avvenendo soprattutto in alcune Regioni.
La terza proposta riguarda i prodotti specialistici che non possono essere prescritti dalla medicina generale: sarebbe opportuno creare una lista di farmaci da distribuire in Dpc piuttosto che nei centri ospedalieri in base alle caratteristiche scientifiche e cliniche, come, per esempio, un consolidato uso a livello domiciliare, per farmaci orali o per farmaci orfani, e la non necessità di visite di follow-up in concomitanza con la somministrazione di farmaci.
Evitare gli accessi non necessari in ospedale
Tali proposte consentirebbero di evitare accessi non necessari in ospedale e di avere una gestione efficiente di tutte le opzioni distributive a beneficio della facilità di accesso alle cure per i pazienti. Si otterrebbe altresì una valorizzazione dell’attività dei medici, sia i medici di medicina generale, sia gli specialisti, ma anche dei farmacisti attraverso il ruolo che ha la farmacia dei servizi. Si dovrebbero, infine, indirizzare alla distribuzione diretta ospedaliera esclusivamente i farmaci che, per esigenze di somministrazione e di controllo periodico, richiedano il necessario passaggio dei centri clinici, per evitarne l’uso distorto. (PB)
Egualia: si è prodotta spesso una vera sperequazione territoriale a danno dei cittadini
Anche Egualia (già Assogenerici) ha segnalato alla Commissione Affari Sociali della Camera le criticità da superare sul tema della distribuzione diretta e Dpc.
Secondo l’associazione, “le scelte regionali in materia di distribuzione dei medicinali per controllare la spesa hanno prodotto spesso una vera sperequazione territoriale a danno dei cittadini, riconoscendo diversi livelli di accesso alle cure, in violazione del principio di universalità del nostro Ssn”.
Secondo Egualia, infatti, “per legge il meccanismo del Prontuario ospedale-territorio (Pht) -ovvero l’acquisto diretto da parte del Ssn di farmaci da distribuire tramite le strutture pubbliche o tramite accordi con le farmacie- dovrebbe riguardare solo specifiche categorie di prodotti: quelli che richiedono un controllo ricorrente del paziente, quelli destinati a pazienti in Adi o in Rsa, quelli per il primo ciclo di terapia dopo ricovero o visita specialistica ambulatoriale. Viceversa, oggi sono soggetti a questa forma di distribuzione intere categorie di farmaci di uso pluridecennale nella pratica clinica, prescrivibili, o potenzialmente prescrivibili dal medico di famiglia”.
Inoltre, argomenta Egualia, tra i principali effetti negativi derivanti dall’uso inappropriato delle forme di distribuzione alternativa a quella convenzionata, si segnalano “l’annullamento del rapporto frequente e di fiducia del paziente con il medico e il farmacista, determinato dall’approvvigionamento dei farmaci in un’unica soluzione a inizio ciclo di terapia; i costi aggiuntivi per il sistema e rischio di mancata aderenza alla terapia; il sovraccarico delle farmacie ospedaliere; la disomogeneità nella dispensazione dei farmaci nelle diverse Regioni”.
L’associazione delle imprese del settore dei generici e biosimilari chiede un riordino delle norme
Pertanto, a parere dell’associazione delle imprese del settore generici equivalenti, biosimilari e value added medicine, in tema di diretta e Dpc “è necessario un riordino delle norme in materia che determini un quadro omogeneo tra Regioni. In particolare, i farmaci che possono essere prescritti dal medico di medicina generale, specialistici e no, dopo valutazione della Commissione tecnico scientifica di Aifa (note prescrittive), dovrebbero rientrare subito nel regime della spesa convenzionata. E il Pht dovrebbe diventare un contenitore temporaneo di farmaci che hanno bisogno di una fase di monitoraggio e controllo, distinguendo al suo interno i farmaci che possono essere distribuiti tramite le farmacie territoriali con la distribuzione per conto e farmaci che, per esigenze di controllo, hanno bisogno di essere distribuiti unicamente in ambiente ospedaliero”.