Sulla sanità digitalizzata l’Italia non è tra i Paesi più avanzati d’Europa, anche se Covid-19 ha senza dubbio accelerato il processo di trasformazione, ampliando l’offerta dei servizi online e proponendo nuovi modelli di telemedicina e assistenza domiciliare. Al contempo, infatti, ha evidenziato le difficolta di un sistema sanitario tecnologicamente non adeguato.

La sanità digitalizzata in Italia si sta sviluppando a passo più lento rispetto alla maggior parte dei Paesi europei: rappresenta soltanto il 7% del mercato europeo del settore.

In diversi settori produttivi, la digitalizzazione occupa spazi sempre più ampi, ma altrettanto non si può dire per la sanità, dove peraltro assistiamo a tecnologie digitali difformi tra le varie strutture regionali, che determinano frammentazione e disomogeneità.

La ricerca “Il mercato della sanità digitale 2018-2024”, redatta da NetConsulting Cube, conferma queste difficoltà del sistema sanitario italiano, il cui valore complessivo arriva a 3,3 miliardi di euro nel 2021, con un +8% sul 2020 e una prospettiva di crescita che supera i 4 miliardi di euro nel 2024. Dati certo importanti, ma ben lontani da quanto si registra in Europa. Il mercato europeo della sanità digitale, infatti, ha toccato i 47 miliardi di euro lo scorso anno e si appresta a crescere -secondo i dati della società internazionale Graphical Research– del 17% fino al 2027, quando andrà a sfiorare i 140 miliardi di euro. Pertanto, i dati italiani rappresentano soltanto una piccola parte della torta europea: il 7% sul 2021, che scenderà a un probabile 4,6% sul 2024.

Il caso emblematico del fascicolo sanitario elettronico

Emblematica dei ritardi italiani è la situazione del fascicolo sanitario elettronico, istituito fin dal 2015: circa l’80% delle Regioni hanno a tutt’oggi meno del 50% dei documenti indicizzati e, come se non bastasse, si usano standard differenti, impedendo così l’interoperabilità tra sistemi sanitari regionali.

Altri dati negativi arrivano poi dall’Osservatorio Innovazione digitale in sanità della School of management del Politecnico di Milano: solamente il 12% dei cittadini ha utilizzato il fascicolo sanitario elettronico e il 62% non ne ha mai nemmeno sentito parlare. La stessa ricerca ha messo in evidenza, però, la propensione, da parte di medici e pazienti, all’utilizzo dei canali digitali della telemedicina: se, prima della pandemia, la televisita era utilizzata dal 13% dei medici specialistici e solo dal 10% dai medici generici, durante l’emergenza Covid-19 queste percentuali sono arrivate per entrambe le categorie al 39%, con un interesse a utilizzare in futuro questo servizio intorno al 65%.

Si attende la spinta del Pnrr

Una spinta importante allo sviluppo della sanità digitale dovrebbe ora arrivare dai fondi del Pnrr. Il ministro per l’Innovazione tecnologica, Vittorio Colao, prospetta infatti investimenti in sanità digitale per 2,5 miliardi di euro, di cui 1,3 per la creazione di una infrastruttura dati integrata e un miliardo per l’erogazione di servizi sanitari digitali.

“È un’opportunità unica -dice Marzio Ghezzi, ceo di Mia-Care, società specializzata nei servizi di digital health- per accelerare la trasformazione digitale del sistema sanitario italiano e farla evolvere grazie a modelli e strumenti innovativi. Ma è necessario fare in fretta, perché abbiamo molta strada da recuperare”. Importante è che gli investimenti digitali previsti vadano nella direzione di creare una nuova cultura sanitaria digitale, a misura però del paziente.

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