La salute di comunità secondo Cittadinanzattiva
Un’assistenza sanitaria territoriale riorganizzata secondo i principi della prossimità e della integrazione è la chiave per una reale “salute di comunità”, secondo Cittadinanzattiva, che ha presentato il suo rapporto al Ministero della Salute, proponendo analisi e possibili soluzioni dei problemi.
Cittadinanzattiva ha presentato al Ministero il rapporto “Salute di comunità, dal bisogno alla soluzione”: un’analisi civica per la definizione degli standard qualitativi, organizzativi, tecnologici e di investimento. Al centro delle proposte: digitalizzazione e informatizzazione, sinergia tra professionisti sanitari (farmacisti inclusi), sviluppo di servizi di prossimità.
Il rapporto “Salute di Comunità – Dal bisogno alla soluzione – Analisi civica per la definizione degli standard qualitativi, organizzativi, tecnologici e di investimento”, è stato realizzato da Cittadinanzattiva, con la collaborazione di Fnomceo, Fnopi, Federfarma e Fimmg e il contributo non condizionato di Farmindustria.
Secondo Cittadinanzattiva, il sistema sanitario italiano, messo a dura prova dalla pandemia, oggi è “in pesante affanno” e ha bisogno di urgenti interventi. Alcuni dati dimostrano questo assunto.
- Aumento vertiginoso dei tempi di attesa sia per le prestazioni ordinarie sia per quelle legate alle esigenze dei malati cronici e della medicina d’urgenza.
- Aumento della mortalità per alcune patologie gravi, come il tumore del colon retto (+12% nel 2020, secondo l’Università di Bologna)
- Italia agli ultimi posti in Europa per qualità della vita dei pazienti con una o più patologie e all’ottavo posto per bisogni insoddisfatti di visite mediche (dati Eurostat 2019).
- Più alto tasso di pazienti con demenza senile nei Paesi Ocse.
Queste sono soltanto alcune delle criticità che affliggono il nostro Ssn, che necessita di una efficace riorganizzazione dei servizi. Il Decreto ministeriale 71 ha indicato alcune linee di intervento: accesso e prossimità delle cure, aggiornamento e potenziamento del sistema della prevenzione, ridefinizione del rapporto fra ospedale e territorio, implementazione delle nuove tecnologie e digitalizzazione dei sistemi per semplificare l’accesso alle cure e programmare servizi efficaci.
Secondo Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, “si tratta di priorità importanti per migliorare il nostro servizio sanitario e renderlo più equo e accessibile ai cittadini, a cominciare dalla riforma per la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Tuttavia, occorrerà una lettura attenta dei contesti territoriali, per individuare percorsi e non solo luoghi che favoriscano servizi più accessibili e prossimi ai cittadini, e per avere maggiore attenzione alla qualità della vita puntando molto sul domicilio come luogo privilegiato di cura”.
“La carenza di servizi, la distanza dai luoghi di cura, tipica di alcune aree del paese, come pure la complessità delle aree urbane e metropolitane -continua Mandorino- impongono un’innovazione dei modelli organizzativi sanitari territoriali. In questa ottica ci auguriamo che la messa a terra del Dm 71 e in particolare la riforma delle case di comunità previste siano attuate con il coinvolgimento delle comunità locali, più di quanto sia stato fatto finora”.
Per parte sua, il documento “Salute di comunità” formula alcune proposte per rendere concreta ed efficace la riorganizzazione dei servizi sanitari, partendo dalla premessa che occorre passare “da una salute individualistica a una visione di comunità”. Secondo Cittadinanzattiva, è dall’assistenza territoriale che devono svilupparsi il rinnovamento dell’integrazione con le strutture ospedaliere e una cultura di prevenzione che ne esalti la specializzazione e questo può avvenire solo attraverso un coinvolgimento diretto di tutti i soggetti che concorrono al percorso di salute pubblica, in primis le associazioni e il terzo settore. Vediamo di seguito alcune delle proposte formulate dal rapporto “Salute di comunità”.
Considerazioni e proposte del rapporto di Cittadinanzattiva
- La riforma della medicina territoriale deve comprendere tutte le attività e le prestazioni di educazione sanitaria, medicina preventiva, diagnosi e cura, riabilitazione, coinvolgendo la pluralità di attori che concorrono al benessere e all’assenza di malattia nei cittadini, superando quello che oggi può essere inteso come un modello medico-centrico e integrando definitivamente la farmacia dei servizi, la cui attuazione è ancora troppo lenta, e il ruolo degli infermieri di comunità, rilanciando il lavoro dei distretti, dei consultori e delle associazioni di tutela dei pazienti.
- Ridefinizione del ruolo dei medici di medicina generale, che dovrebbero essere al centro dell’intero sistema per la capillarità della loro presenza su tutto il territorio nazionale e per il rapporto di prossimità che detengono con i singoli cittadini.
- Medicina territoriale fondata sul rapporto tra ospedale e territorio, con percorsi di cura e presa in carico del paziente che si articolino tra territorio e ospedale in un continuum sinergico ed efficiente tra luoghi di cura e professionisti sanitari. L’ospedale come momento di passaggio, nel quale l’assistenza ha uno spazio sempre più ridotto in termini temporali a fronte di un crescente utilizzo di tecnologie, intensità di cure e complessità. Non più il centro della cura, ma un pezzo di un sistema più articolato.
- Un modello di medicina territoriale che prevede anche le case della comunità non deve trasformarsi in una replica territoriale del sistema di offerta ospedaliera, ma deve essere incentrato sulla organizzazione logistica di servizi di prossimità, domiciliari, la cui valutazione e il cui monitoraggio devono essere affidati a un team multidisciplinare.
- È necessario passare da una medicina di attesa a una medicina di azione, di iniziativa e di prevenzione, riformulando la medicina territoriale integrando tutti gli attori territoriali, non solo i mmg, ma anche i farmacisti, gli infermieri, i distretti, quali elementi fondamentali e indispensabili di una visione sistemica di salute.
- Pieno utilizzo della digitalizzazione quale strumento facilitante sia per il sistema sia per il cittadino: in particolare, sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico (che resta però, ancora, poco implementato e soprattutto soffre della frammentazione legata alla regionalizzazione dei sistemi sanitari) e costruzione e diffusione di piattaforme informatiche in grado di monitorare il percorso di salute dei pazienti (non si potrà mai sostituire il rapporto diretto medico-paziente, ma è fondamentale giungere a una integrazione tra cura di prossimità e cure digitali, sviluppando nuovi modelli di assistenza).
- Elaborazione di modelli di prevenzione, con l’obiettivo di intercettare il bisogno di salute prima che questo si manifesti, garantendo maggiore benessere ai cittadini e risparmio di risorse economiche preziose per il sistema (con condivisione delle conoscenze scientifiche e cliniche, messa in comune delle competenze dei diversi attori sanitari, riorganizzazione di una medicina di iniziativa grazie alla digitalizzazione).
- Promozione, a livello nazionale ed europeo di una collaborazione tra soggetti pubblici e privati per la promozione della ricerca, basata su un modello condiviso.
(a cura di SV)
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