Test diagnostici e analisi: che cosa si può fare in farmacia
Negli ultimi anni il campo dei test diagnostici e analisi praticabili in farmacia si è notevolmente allargato e modificato, ampliando il ruolo del farmacista e la sua possibilità di offrire nuovi servizi al cittadino. Anche sollecitata da diverse richieste di chiarimenti, Federfarma ha ritenuto opportuno riepilogare la situazione odierna, secondo le norme vigenti, con la Circolare 294/2023, disponibile sul sito nell’area riservata.
Che cosa può fare oggi il farmacista nel campo di test diagnostici e analisi? Molte più cose che in passato. Federfarma riepiloga la situazione alla luce delle norme oggi in vigore.
È stata l’emergenza pandemica a dare l’impulso al cambiamento e a portare il legislatore a varare provvedimenti che, nel 2020 e nel 2022, consentivano al farmacista di svolgere attività precedentemente non previste o permesse nell’ambito di test diagnostici e analisi in farmacia.
Infatti, Federfarma ricorda anzitutto “il primo epocale cambiamento”, introdotto dalla Legge 178/2020, che consentiva l’effettuazione presso le farmacie, da parte di un farmacista, di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare, prima non permesso.
Poi, nel 2022, con la Legge 52, è diventato possibile effettuare in farmacia test diagnostici a uso professionale che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo.
Superato così il vecchio concetto di autodiagnosi del paziente in farmacia, oggi il farmacista può utilizzare direttamente dispositivi a uso professionale per eseguire questi prelievi (di sangue o di campioni biologici).
I dispositivi che il farmacista può usare -chiarisce Federfarma- sono i near patient testing (Npt) o point of care test (Poct), cioè quelli non destinati all’autotest ma all’esecuzione di test al di fuori di un ambiente di laboratorio, generalmente vicino o al fianco del paziente da parte di un operatore sanitario.
I test diagnostici a uso professionale sono utilizzabili autonomamente dal farmacista in farmacia quando i referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio.
Pertanto, specifica la circolare di Federfarma, questi test diagnostici a uso professionale “sono utilizzabili autonomamente dal farmacista in farmacia quando i relativi referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio, specificamente individuato (come, per esempio, il direttore tecnico di laboratorio, che può essere solo ed esclusivamente un medico, un biologo o un chimico)”.
Eseguito il test, il farmacista deve consegnare obbligatoriamente il referto o esito al paziente, senza effettuare alcuna attività di diagnosi. È invece buona prassi ricordare al cittadino che l’esito del test deve essere visionato dal medico curante, per le valutazioni e le diagnosi del caso.
Permane, per contro, il divieto di effettuare prelievo di sangue venoso in farmacia.
Federfarma ricorda ancora che la normativa attuativa di riferimento della disposizione relativa ai test diagnostici è contenuta nel Protocollo d’intesa del 28 luglio 2022 tra Governo, Regioni e organizzazioni rappresentative delle farmacie.
Ma esistono elenchi dettagliati dei dispositivi utilizzabili e dei test eseguibili in farmacia? Federfarma chiarisce in proposito che “non esiste un elenco positivo e tassativo di tipologie di dispositivi medici a uso professionale per test diagnostici, effettuabili in farmacia, ma possono essere effettuati tutti i test, non destinati all’attività di laboratorio, per l’effettuazione del prelievo di sangue capillare e il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo”.
Si rimanda al testo integrale della Circolare 294 per approfondimenti e ulteriori informazioni.